mercoledì 2 dicembre 2020

VASANDHI Schiava in India, schiava in Italia - RINALDO BOGGIANI


I nomi sono di fantasia, la storia raccontata è vera.

Vasandhi, la protagonista, racconta in prima persona la sua vita, la sua storia.

Dapprima ci sono i racconti circa le nonne, emerge la condizione della donna nell'India del passato ma suppongo anche del presente in alcuni casi.

Il padre è un uomo violento e litigioso, cresciuto senza una vera famiglia, con una madre vessata dalla famiglia del marito e che ha vissuto solo per il figlio.

La madre è severa, dedica poca cura ai figli e col tempo diventa rancorosa e scarica le sue frustrazioni su Vasandhi o, in sua assenza, su altri figli. Tanto odio da parte di una madre verso i propri figli è proprio incomprensibile per me.

Le giornate di Vasandhi e dei suoi fratelli prevedono in principio la scuola, sempre il lavoro. Dapprima leggero e poi via via sempre più pesante tra campi e bestiame.

Ci viene data un'idea del sistema delle caste, chi può/deve fare cosa, come ci si debba comportare nei vari contesti e così via. Una struttura della società inconcepibile per noi occidentali.

Ad un certo punto, nel villaggio si trova un astrologo/indovino di passaggio, invitato a casa dalla madre di Vasandhi, quest'uomo prevede tutta una serie di cose che si riveleranno fondate. Impressionante come cosa.

I matrimoni in India sono tuttora prevalentemente combinati, c'è tutta una serie di regole, trattative. Per una ragazza è fondamentale la dote. In casa di Vasandhi ci sono quattro ragazze ed i loro matrimoni richiedono oro e denaro per cui diventa un'impresa combinare un matrimonio per tutte.

I litigi tra i genitori, poi, non sono di aiuto e rendono tutto più difficile.

Sognando di fuggire da una prigione sotto forma di mura di fango, Vasandhi si ritrova in un'altra quasi dorata in Italia. Le condizioni sono diverse, i bisogni primari magari sono anche garantiti ma manca tutto il resto e senza l'affetto dei fratelli, della nonna e dei nipoti, tutto risulta ancora più pesante.

Quanto siamo fortunati e non lo sappiamo! Le piccole cose possono essere davvero tutto, quando non si hanno nemmeno quelle, allora si che si avrebbe tutto il diritto di lamentarsi. 

A volte, però, si è in una situazione come quella di Vasandhi, stretta in una situazione asfissiante e destabilizzante che lascia ben poco margine di manovra.

Eppure, Vasandhi ce la fa. Una donna fortissima, non la conosco ma la ammiro per la sua stoicità. Ha patito fatica e vessazioni dall'infanzia fino al momento della "liberazione". Il sottotitolo è emblematico.

E' stata una schiava piuttosto che una figlia, una schiava piuttosto che una moglie e non dovrebbe mai essere così, in nessun caso, in nessun posto! Se non stentiamo a credere che succeda, in certi casi, in paesi come l'India, purtroppo dobbiamo ammettere che succede anche in Europa, in Italia, magari dietro l'angolo se non proprio sotto i nostri occhi.

Credo questo libro possa essere davvero di aiuto e d'ispirazione per molte persone, in particolare le donne, soprattutto quelle vessate e maltrattate tra le mura di casa e non solo. Il messaggio per loro è: una via d'uscita esiste, non dimenticate mai chi siete e che valete, nonostante quello che possano dirvi o farvi.

La forza di spezzare le catene ed uscire dal vortice della disperazione Vasandhi l'ha trovata in se stessa per amore della figlia, sentimento comune alle vere madri. Da sola, lontano da tutti, nonostante le angherie subite dai propri genitori, Vasandhi è stata capace di diventare un'ottima madre. Per fortuna il male non genera sempre altro male, anche questo filo può spezzarsi, fortunatamente.

Bello il rapporto tra Vasandhi e quasi tutti i suoi fratelli, nonostante le difficoltà della vita e le dure prove a cui vengono sottoposti, restano legati profondamente.

Una volta iniziato a leggere, non si può fare a meno di andare avanti nel racconto, seppure con grande timore ed apprensione trattandosi di una storia vera.

Questo libro, inoltre, è la base del progetto Un libro una pietra che ha il fine di costruire un piccolo tempio doposcuola a Singampunari, per insegnare ai bambini i diritti fondamentali dell'individuo.

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