venerdì 30 ottobre 2015

Intervista ad Alice Basso, autrice de "L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome"

Dopo aver letto e recensito il romanzo ed aver incontrato l'autrice ad una sua presentazione, ho deciso di porle delle domande e farvene partecipi.

L'autrice: Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero finge di avere ancora vent'anni e canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.



La mia intervista:
  • Partiamo con un classico, quali sono le tue letture preferite?


Ah, grazie della domanda! [Si frega le mani e si accinge a rispondere con la faccia di un terranova davanti alla ciotola di cibo.] Scherzi a parte, poche cose piacciono a un appassionato di libri quanto avere la possibilità di parlare dei suoi preferiti... e credo che tu lo sappia bene, vero?

Dunque. Io ho avuto, e in parte ho tuttora (anche se a livelli meno monomaniacali rispetto a una decina di anni fa) una passione per la letteratura americana i inizio e metà Novecento: Steinbeck, Fante, ci siamo capiti. Peraltro, tutti autori e titoli facilissimi da intuire, visto che il mio stesso libro è un centone di citazioni di autori e opere che amo, questi in primis. Poi: sempre come si può intuire dal mio libro, amo molto i gialli, specialmente quelli... non-troppo-gialli, direi, ossia quelli in cui il "caso" è abbastanza un pretesto per avere l'occasione di raccontare i fatti privati dei vari detective e comprimari coinvolti. Dovendo fare dei nomi, al primo posto l'ironia tagliente di Philip Marlowe, seguita dallo stile inimitabile di Scerbanenco. In generale, infine, amo i libri che si sanno prendere non troppo sul serio: quelli ironici, che non pretendono di rivoluzionare la storia della letteratura ma di elevare per un attimo la qualità della vita dei lettori con un po' di sano, magari dissacrante, senso dell'umorismo. Qualche esempio: "Vedi di non morire" di Bazell, tutti i libri di Fante (per chiudere il cerchio con l'inizio di questa risposta) e "La principessa sposa" di William Goldman.



  • Quando è maturata in te l'idea di scrivere romanzi?


Credo quando ho scoperto, in prima elementare, che scrivere "pensierini" era piacevole e che - magia! - a metterne insieme tanti di fila se ne poteva ricavare una storia. No, sul serio: credo diavere una storia molto molto simile a centinaia, migliaia, milioni di ragazzi che amano scrivere; difficilmente sappiamo spiegare perché o quando è cominciata, semplicemente sappiamo che, come ad altri bambini piace ballare o costruire cose, a noi è sempre piaciuta l'idea di raccontare storie.

  

  • Quanto ti piace il tuo lavoro da 1 a 10 e perché?


Be', per essere onesta dovrei parlare dei miei DUE lavori: quello à la Clark Kent, ossia quello che svolgo nove ore al giorno (talvolta di più) ogni giorno, che poi è quello di editor, redattrice, traduttrice e valutatrice di inediti; e questo si becca un bell'otto, perché è fonte inesauribile di aneddoti, lezioni, esperienze interessanti, e non ci si annoia mai. L'altro è quello di scrittrice, ma... è talmente piacevole, e mi fa ancora una tale impressione definirmi così, che sul serio faccio un po' fatica a definirlo un lavoro!



  • Con la tua verve, hai mai pensato di fare radio? Magari una rubrica a tema libresco, la butto là.


Ah, la radio! Io ADORO la radio! Sai perché? Perché - come tu sai, visto che ci siamo conosciute di persona - io tendo a parlare VELOCISSIMA e TANTISSIMO. E dopo una carriera scolastica passata a sentirmi dire "Basso, più piano, PIU' PIANO!", quelle due o tre volte in cui mi è capitato di parlare in radio ho scoperto che invece lì si tratta di caratteristiche non solo ammesse, ma ricercate. Hai idea di quanto sia stato liberatorio? Quindi, certo che mi piacerebbe fare radio, ne sarei semplicemente entusiasta! (Chissà se c'è qualche addetto ai lavori che sta leggendo...)



  • Oltre all'essere sempre in giro, cosa è cambiato nella tua vita dopo la pubblicazione del tuo primo romanzo?


Cambiano tante di quelle cose che non si possono nemmeno immaginare. Un momento sei seduta a gambe incrociate sul tuo divano, in calzettoni e pile, che scrivi qualcosa che ti piace ma fra te e te sei convinta che rimarrà solo nel tuo computer finché camperai, e il giorno dopo devi imparare a parlare in pubblico, a scrivere articoli a tempo di record per questo o quel sito, a tenere un'agenda con tutti gli impegni, le scadenze e le presentazioni, e a rilasciare interviste come questa senza sembrare scema. Fare lo scrittore è davvero una professione, ma mica solo per l'atto di scrivere (che comunque rimane, intendiamoci, la cosa più importante e più impegnativa di tutte): ma anche per questa costellazione di abilità minori che devi sviluppare, e alla velocità del fulmine, dal momento in cui un editore ti "sceglie".



  • A parte il personaggio di Vani, al momento ce ne sono altri a lei non connessi che ti ispirano delle storie da raccontare?



Moltissimi, alcuni anche per target diversi (per gran parte della mia vita, per diletto, ho scritto romanzi per ragazzi, per dirne una). Però ormai anch'io mi sono talmente affezionata a Vani che le storie su di lei mi affollano la testa e non vedo l'ora di dipanarle tutte!

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