Quaranta giorni. 800 chilometri a piedi, da Milano a Roma, lasciando a casa le cose pesanti e superflue, ma anche quelle che al ritorno sarà più bello ritrovare. Per Jack Jaselli, cantante e musicista, ma anche un po’ filosofo errante, camminare è una medicina potentissima. Per questo, in un momento di crisi si è messo in testa di ripercorrere le orme di Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury che verso l’anno Mille “inventò” la via Francigena, attraversando l’Europa per ricevere dal papa l’investitura. E di farlo suonando. Con sé ha un bordone intagliato nel sambuco, uno zaino e una chitarra da viaggio, ribattezzata “il Garpez”, impacchettata per proteggerla dalle intemperie. Che non mancheranno, anzi: quello che lo aspetta è uno dei mesi di maggio più piovosi a memoria d’uomo. Del resto, Jack l’ha sempre detto, di amare l’acqua molto più della terra: non per niente da ragazzo odiava camminare. Seguendo i suoi passi attraversiamo i campi della Pianura padana e i boschi dell’Appennino, scendiamo verso il mar Ligure e risaliamo la val d’Orcia, guadiamo torrenti e visitiamo abbazie. Ci perdiamo, per ritrovarci. Ma soprattutto incontriamo le persone che in fondo sono la Francigena: appassionati custodi dell’antica via, camminatori che declamano a memoria la Divina Commedia, monaci buddisti, ma anche amici che arrivano per compiere insieme un tratto di strada. Oltre a questi incontri in carne e ossa, il cammino risveglia i ricordi di altre avventure, viaggi di fuga e di ricerca, della musica e di sé. Così scopriamo che anche Katmandu, il deserto del New Mexico e Los Angeles sono tappe della Francigena. Perlomeno di quella di Jack. Per capirlo, le mappe non sono di nessun aiuto: bisogna trovare il coraggio di partire, perché «camminare è una condizione esistenziale, prima ancora che fisica. Si va avanti con il cuore, mica con le gambe». |
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