L'autrice: Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero finge di avere ancora vent'anni e canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.
La mia intervista:
- Partiamo con un classico, quali sono le tue letture preferite?
Ah, grazie della domanda! [Si frega le mani e si accinge a
rispondere con la faccia di un terranova davanti alla ciotola di cibo.] Scherzi
a parte, poche cose piacciono a un appassionato di libri quanto avere la
possibilità di parlare dei suoi preferiti... e credo che tu lo sappia bene,
vero?
Dunque. Io ho avuto, e in parte ho tuttora (anche se a
livelli meno monomaniacali rispetto a una decina di anni fa) una passione per
la letteratura americana i inizio e metà Novecento: Steinbeck, Fante, ci siamo
capiti. Peraltro, tutti autori e titoli facilissimi da intuire, visto che il
mio stesso libro è un centone di citazioni di autori e opere che amo, questi in
primis. Poi: sempre come si può intuire dal mio libro, amo molto i gialli,
specialmente quelli... non-troppo-gialli, direi, ossia quelli in cui il
"caso" è abbastanza un pretesto per avere l'occasione di raccontare i
fatti privati dei vari detective e comprimari coinvolti. Dovendo fare dei nomi,
al primo posto l'ironia tagliente di Philip Marlowe, seguita dallo stile
inimitabile di Scerbanenco. In generale, infine, amo i libri che si sanno
prendere non troppo sul serio: quelli ironici, che non pretendono di
rivoluzionare la storia della letteratura ma di elevare per un attimo la
qualità della vita dei lettori con un po' di sano, magari dissacrante, senso
dell'umorismo. Qualche esempio: "Vedi di non morire" di Bazell, tutti
i libri di Fante (per chiudere il cerchio con l'inizio di questa risposta) e
"La principessa sposa" di William Goldman.
- Quando è maturata in te l'idea di scrivere romanzi?
Credo quando ho scoperto, in prima elementare, che scrivere
"pensierini" era piacevole e che - magia! - a metterne insieme tanti
di fila se ne poteva ricavare una storia. No, sul serio: credo diavere una
storia molto molto simile a centinaia, migliaia, milioni di ragazzi che amano
scrivere; difficilmente sappiamo spiegare perché o quando è cominciata,
semplicemente sappiamo che, come ad altri bambini piace ballare o costruire
cose, a noi è sempre piaciuta l'idea di raccontare storie.
- Quanto ti piace il tuo lavoro da 1 a 10 e perché?
Be', per essere onesta dovrei parlare dei miei DUE lavori:
quello à la Clark Kent, ossia quello che svolgo nove ore al giorno (talvolta di
più) ogni giorno, che poi è quello di editor, redattrice, traduttrice e
valutatrice di inediti; e questo si becca un bell'otto, perché è fonte
inesauribile di aneddoti, lezioni, esperienze interessanti, e non ci si annoia
mai. L'altro è quello di scrittrice, ma... è talmente piacevole, e mi fa ancora
una tale impressione definirmi così, che sul serio faccio un po' fatica a
definirlo un lavoro!
- Con la tua verve, hai mai pensato di fare radio? Magari una rubrica a tema libresco, la butto là.
Ah, la radio! Io ADORO la radio! Sai perché? Perché - come
tu sai, visto che ci siamo conosciute di persona - io tendo a parlare
VELOCISSIMA e TANTISSIMO. E dopo una carriera scolastica passata a sentirmi
dire "Basso, più piano, PIU' PIANO!", quelle due o tre volte in cui
mi è capitato di parlare in radio ho scoperto che invece lì si tratta di
caratteristiche non solo ammesse, ma ricercate. Hai idea di quanto sia stato
liberatorio? Quindi, certo che mi piacerebbe fare radio, ne sarei semplicemente
entusiasta! (Chissà se c'è qualche addetto ai lavori che sta leggendo...)
- Oltre all'essere sempre in giro, cosa è cambiato nella tua vita dopo la pubblicazione del tuo primo romanzo?
Cambiano tante di quelle cose che non si possono nemmeno
immaginare. Un momento sei seduta a gambe incrociate sul tuo divano, in
calzettoni e pile, che scrivi qualcosa che ti piace ma fra te e te sei convinta
che rimarrà solo nel tuo computer finché camperai, e il giorno dopo devi
imparare a parlare in pubblico, a scrivere articoli a tempo di record per
questo o quel sito, a tenere un'agenda con tutti gli impegni, le scadenze e le
presentazioni, e a rilasciare interviste come questa senza sembrare scema. Fare
lo scrittore è davvero una professione, ma mica solo per l'atto di scrivere
(che comunque rimane, intendiamoci, la cosa più importante e più impegnativa di
tutte): ma anche per questa costellazione di abilità minori che devi
sviluppare, e alla velocità del fulmine, dal momento in cui un editore ti
"sceglie".
- A parte il personaggio di Vani, al momento ce ne sono altri a lei non connessi che ti ispirano delle storie da raccontare?
Moltissimi, alcuni anche per target diversi (per gran parte
della mia vita, per diletto, ho scritto romanzi per ragazzi, per dirne una).
Però ormai anch'io mi sono talmente affezionata a Vani che le storie su di lei
mi affollano la testa e non vedo l'ora di dipanarle tutte!
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