giovedì 11 aprile 2013

L'ACQUA PIU' DOLCE DEL MONDO - JAMIL HAMAD



Le atmosfere esotiche, il deserto, le dure leggi delle tribù, il nomadismo fanno parte di altre culture e, come tali, mi hanno sempre affascinata e spinta a leggere questo romanzo.

La storia si apre con una giovane coppia assetata che cerca asilo e sostentamento presso un avamposto militare. L'asilo viene loro rifiutato ma, questo non toglie che verranno ospitati e rinfocillati dai militari in una riservata convivenza che si manterà sempre standard se non fosse per la nascita di un bambino dopo il primo anno.

Sembra che la vita di questo bambino sia funestata da continui lutti ed abbandoni, prima i suoi genitori che pagano l'onta di un amore peccaminoso, poi i ribelli che lo salvano dal deserto e pagano lo scotto dell'osservanza del loro codice d'onore a scapito delle leggi governative, poi il mullah preda della sua follia e da lì una serie di tribù che prenderanno a chiamarlo Tor Baz (il falco nero), come un omonimo ragazzo deceduto.

Il giovane Tor Baz avrà, quindi, una vita da rifugiato, fuggitivo, nomade, informatore e guida.

A volte ci si perde tra i nomi, le storie ma è chiaro che c'è un nesso tra le microstorie e quella di Tor Baz, il finale resta sospeso e lascia spazio all'immaginazione.

La storia copre circa vent'anni a partire dagli anni Cinquanta e, attraverso le vicissitudini affrontate da Tor Baz racconta delle divisioni territoriali tra India, Pakistan e Afghanistan operate a seguito di interessi e colonizzazioni di inglesi e tedeschi, delle difficoltà materiali occorse alle popolazioni di quei luoghi abituate a spostarsi con le loro greggi e della fine della loro storia, così come era stata fino all'immediato passato.



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