lunedì 11 febbraio 2019

prossime uscite Baldini & Castoldi

Loreta Minutilli

Elena di Sparta

«Se la bellezza era davvero potere, perché non potevo far nulla senza consultare qualcuno che fosse sopra di me? Non riuscii tuttavia a maledire la mia bellezza. Non lo feci mai. Mi piaceva essere bella e non mi biasimo per questo. Qualsiasi ragazza al mondo, allora come oggi, avrebbe venduto la propria anima pur di essere me»
Elena di Sparta, la più bella del mondo, rivendica il dritto di tutte le donne di esprimersi non rimanendo imprigionate nel proprio corpo. 
Quando, dopo dieci anni e dopo il famoso assedio di Troia da parte dei Greci, Elena viene riportata in patria, Menelao ha solo una domanda da farle: perché? Perché ha deciso di scatenare una guerra? La risposta di Elena è semplice. Le sembrava l’unico modo per dimostrare a tutti l’esistenza di Elena di Sparta, l’unico modo che aveva di essere ascoltata.
«Racconta, allora», le dice Menelao.
Ed Elena comincia a raccontare.
Fin da piccola l’idea di essere considerata una dea le era parso qualcosa di grandioso, presto quella pura illusione si infrange. Teseo la  rapisce e la stupra, quando Castore e Polluce, suoi fratelli, vanno a riprendersela viene data in sposa a Menelao e diventa la regina di Sparta. Ma Elena non si accontenta e decide di fuggire con Paride verso Troia, città in cui le donne contano quanto gli uomini, in cui possono scegliersi i mariti. Presto però si rende conto che anche lì il suo parere non è richiesto. Elena racconta non per ammettere colpe né per giustificarsi. Non vuole essere compresa o perdonata, lo fa perché la sua storia, quella di una donna prigioniera del proprio corpo o identificata con esso agli occhi degli uomini, possa infine uscire dalle sue viscere e trovare pace.
Loreta Minutilli è nata nel 1995 in provincia di Bari, dove ha conseguito la laurea triennale in Fisica. Il suo racconto L’universo accanto si è classificato tra i cinque finalisti del Premio Campiello Giovani 2015.
Il romanzo Elena di Sparta è stato uno dei nove finalisti della XXXI Edizione del Premio Calvino.
Al momento vive a Bologna dove studia Astrofisica.  

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Franco Vanni

La regola del lupo

«Personaggi, ambiente e atmosfera. Sono i tre ingredienti fondamentali di ogni romanzo. Se si tratta di un giallo devono aderire alla realtà.
Franco Vanni segue fedelmente la regola: persone vere in un mondo vero.»
La Repubblica
«Vanni confeziona una prosa rapida e si muove a proprio agio fra sospettati, alibi e vicoli bui. Rispetta le regole del giallo, mettendo in campo la propria esperienza da cronista.» 
Il Foglio
Due colpi di pistola, all’alba, spezzano il silenzio e la quiete del lago di Como.
Un uomo viene trovato morto, riverso sul tender della sua barca a vela al largo di  Pescallo, nel comune di Bellagio. A uccidere il ricco imprenditore Filippo Corti, detto «Il Filippino», è stato un proiettile sparato nel giorno del suo quarantesimo compleanno. A bordo con lui c’erano i suoi tre migliori amici e nessun altro: due uomini e una donna. 
Chi ha sparato e perché?
«Il Filippino è un grandissimo figlio di puttana», dicono quelli che lo hanno conosciuto. Uno che la fortuna se l’è costruita da sé, a qualunque costo. I suoi tre amici no, sono cresciuti nell’agio. Ma nulla è come sembra, proprio a partire dalla verità sulla misteriosa figura del Filippino e dalla sua pericolosa corsa verso il successo, finita in tragedia.
A indagare sull’omicidio è Steno Molteni, ventisettenne giornalista del settimanale milanese di cronaca nera «La Notte». Dalla stanza 301 dell’Albergo Villa Garibaldi, dove vive e in cui la sera lavora come barista, raggiunge al lago la bella Sabine, fotografa di origini eritree. Gli interrogatori ufficiali e i sopralluoghi sulla barca invece sono portati avanti da Salvatore Cinà, maresciallo dei carabinieri di Bellagio prossimo alla pensione.
Due indagini parallele, nel contesto meraviglioso del lago italiano più famoso nel mondo. Due verità diverse, destinate a incontrarsi.
Franco Vanni (Milano, 1982), cronista al quotidiano «la Repubblica», ha seguito centinaia di casi di cronaca nera e giudiziaria. È docente al master in Giornalismo dell’Università Cattolica. Insegna all’Accademia del giallo. Con tre amici cura il blog di pesca anonimacucchiaino.it. Nel 2015 ha pubblicato Il clima ideale, suo primo romanzo, premiato come migliore esordio italiano alla trentesima edizione del Festival du Premier Roman de Chambéry. Nel 2017, con Andrea Greco, ha scritto il saggio d’inchiesta Banche impopolari. Nel 2018 ha pubblicato per Baldini+Castoldi il giallo Il caso Kellan, in cui compare per la prima volta come protagonista il giornalista-investigatore Steno Molteni. 

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Emma D'Aquino

Ancora un giro di chiave

Nino Marano. La storia

"«Vivo nell’inferno, Emma», mi disse una volta al telefono. Il suo è un inferno interiore, dell’anima. È l’inferno dei ricordi. È il prezzo che sta pagando per quello che ha fatto.
Io in lui ho conosciuto l’uomo, e più Nino si mostrava nudo, indifeso, più la sua storia di uomo mi affascinava. Raccontarla è stato un viaggio umano appassionante." 
È il 31 gennaio del 1965 quando Nino Marano entra in carcere per aver rubato melanzane e peperoni, la ruota di un’Ape e una bicicletta. L’aveva rubata, racconta, «per andare a lavorare come manovale, non l’avessi mai fatto. Ci sono rimasto per un’eternità. La cella, la coabitazione coatta mi hanno trasformato. Dietro quelle sbarre le mie mani si sono macchiate di sangue e io sono diventato un assassino».
Il presidente della Repubblica è Giuseppe Saragat, s’inaugura il traforo del Monte Bianco e i Beatles arrivano in Italia ma Nino sembra uscito da un romanzo di Verga: menzanu, mediano di cinque figli, madre casalinga, padre bracciante, una casa «che puzzava di fame». Non ha neanche un avvocato quando un giudice si occupa per la prima volta di lui: i furti vengono considerati «in continuazione», fanno cumulo, e lui si ritrova con una condanna a quasi undici anni.
Entra ed esce di prigione fino al 13 giugno del 1973, quando varcando la soglia del penitenziario di Catania ha inizio il suo peregrinare, da nord a sud, per le patrie galere: da Pianosa a Voghera, da Alghero a Porto Azzurro fino a Palermo, spesso nelle sezioni di Alta Sicurezza.
Il 22 maggio 2014, dopo quarantanove anni, due omicidi, due tentati omicidi e due condanne all’ergastolo, Nino Marano, il detenuto più longevo d’Italia per reati commessi in carcere, ha ottenuto la libertà condizionale e si è riaffacciato al mondo, compiendo la sua «metamorfosi».
Un viaggio umano appassionante, una storia incredibile.
Emma D’Aquino (Catania, 1966) laureata in Scienze Politiche, in Rai dal 1997, è stata a lungo inviata di Porta a Porta. È stata inviata a New York dopo l’attentato alle Torri Gemelle, ha seguito i più importanti fatti di cronaca, da Cogne all’omicidio di Sarah Scazzi e Meredith Kercher, dal terremoto dell’Aquila al crollo del Ponte Morandi a Genova. Nel 2003 approda al Tg1, lavorando nelle redazioni di Tv7, SpecialeTg1 e a lungo nella redazione Cronaca.
Dopo aver condotto il Tg1 delle 13.30, ora conduce l’edizione delle 20.00.

3 commenti:

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